Oggi incontriamo Mauro Mariolu con cui parleremo delle strategie adottate per innovare la didattica inclusiva durante la DAD – didattica a distanza.
Mauro è un educatore professionale con oltre 10 anni di esperienza in interventi psico-educativi con bambini, giovani e adulti con disabilità. Da oltre quattro anni segue N. come educatore professionale sia la mattina a scuola con il servizio educativo specialistico scolastico, sia nel pomeriggio come educatore.
Nella newsletter del 13 Giugno vi avevamo raccontato le esperienze molto diverse tra loro di didattica a distanza per gli studenti con disabilità e le loro famiglie e per questo vi volevamo raccontare come Mauro sia riuscito a innovare la didattica a distanza in un’ottica inclusiva durante la DAD seguendo cinque strategie.
Mauro, ci racconti della strategia utilizzata da lei e dall’insegnante di sostegno per realizzare una nuova didattica inclusiva?
Durante il periodo della DAD, dopo diversi confronti, abbiamo ideato insieme alla docente di sostegno delle attività che permettessero di far vivere al bambino una diversa normalità. L’idea è nata con il fine di riportare una routine che promuovesse il benessere e riportasse il buon umore.
Le attività hanno seguito la linea ludico/didattica, ideando un gioco strutturato in cui l’aspetto ludico si coniugava alla didattica presentata in maniera stimolante.
È stata delineata una routine quotidiana, concordando strumenti e orari con la famiglia regalando al bambino un momento puramente suo, dove il gioco oltre ad essere un momento piacevole, riusciva a promuovere l’autostima grazie a feedback e premi.
Le attività scelte si sono sviluppate utilizzando due comuni giochi da tavolo: Pictionary e Labirinto.
I due giochi, che si sviluppano grazie all’utilizzo del dado, sono stati anticipati da un lavoro specifico sul riconoscimento delle facce del dado da parte del bambino.
Nelle prime lezioni, si è spiegato al bambino come contare il numero dei pallini presenti sulle facce del proprio dado, come posizione la mano e le dita per afferrare il dado e farlo vedere davanti alla webcam, come far vedere il numero N. aveva letto precedentemente.
Una volta risolto il riconoscimento dei numeri del dado, il procedimento è stato automatizzato, e vissuto con gran piacere e velocità da parte del bambino. Cosi siamo passati al gioco.
Come funzionavano i due giochi nello specifico?
Nei due giochi, Labirinto e Pictionary, sia io che l’insegnante, ci siamo alternati sulla partecipazione e la conduzione del gioco. Oltre e me e alla docente di sostegno, anche diversi compagni di classe hanno preso parte al gioco, senza nessun obbligo, anzi sono stati loro stessi a voler partecipare alla video lezione.
Quando utilizzavamo Pictionary, dopo che N. lanciava il dato e mostrava e diceva il numero, la docente spostava l’omino scelto, sulla tavola da gioco e per ogni casella veniva fatta una domanda al bambino per indovinare la parola nascosta.
Le domande inizialmente venivano fatte solo dal conduttore del gioco a tutti partecipanti. Con il tempo, una volta acquisita la comprensione completa del gioco si è lavorato sulla formulazione delle domande da parte di N. agli altri giocatori.
Questo aspetto ha migliorato in maniera esponenziale la dimestichezza nel formulare delle domande. Abbiamo lavorato sui verbi e come inserirli nelle domande. Una strategia che ha permesso di migliorare le autonomie linguistiche del bambino.
Nel secondo gioco, abbiamo lavorato sul potenziamento delle abilità matematiche
Nel caso del secondo gioco, Labirinto, abbiamo riadattato le regole del gioco per andare incontro alle esigenze e alle difficoltà del bambino. Anche in questo caso l’uso del dado è stato importante per poter fare gli spostamenti sul tabellone.
In questo gioco, abbiamo lavorato sulle abilità matematiche. Precisamente, partendo da un punto 0 fino ad arrivare al numero ottenuto con il lancio del dado. Ogni pezzo del tracciato doveva essere contato con 1. Questo ha portato il bambino a contare partendo dal numero corretto.
Inoltre, al raggiungimento di una determinata casella sul tabellone, per poter vincere la propria carta (regola per il feedback) il bambino doveva rispondere ad una domanda che solitamente riguardava il lavoro didattico sviluppato in mattinata con la lezione virtuale della classe dove era presente la docente di sostegno.
Rispondendo correttamente, la vittoria della carta era certa. Anche in questo caso, ormai automatizzate alcune formule, seppur molto semplici di domanda, il bambino poneva delle domande agli altri giocatori a cui dovevano rispondere in maniera corretta.
Quali sono i fattori chiave che hanno permesso il successo di questa strategia.
Ci sono diversi fattori da considerare. Conosco e lavoro insieme a N. dalla IV classe della primaria, e in quest’anno corrente ha appena concluso la II classe della scuola secondaria di primo grado, mentre l’insegnante di sostegno lavora con lui da due anni pertanto vi è continuità e una conoscenza approfondita delle potenzialità e difficoltà del ragazzo . Con l’insegnante di sostegno abbiamo rivisto insieme gli obiettivi del PEI (Piano Educativo Individualizzato) e abbiamo adattato le strategie di lavoro per continuare il lavoro sulla motricità, il calcolo, la formulazione di domande e uso corretto dei verbi, il rispetto dei tempi e delle regole.
Il gioco da tavolo, rivisitato e reso funzionale all’esigenza ha permesso tutto questo. È stato importante coordinarsi e confrontarsi con l’insegnante di sostegno, rivedendo gli obiettivi del PEI di entrambe le figure che ruotano attorno al bambino.
Inoltre, era per noi importante riportare la serenità al bambino, per far si che vivesse questo momento con piacere e che si collegasse con noi con gioia.
Per questo era importante strutturare un’attività che dovesse essere ludica per avvicinare il bambino alla nostra figura e quindi mantenere dei punti di riferimento costanti.
Inoltre, il gioco ci ha permesso di poter dare un feedback immediato.
Naturalmente, tutto ciò, non sarebbe stato possibile senza il sostegno della famiglia e dei genitori, molto presenti e sempre disponibili.
Come siete riusciti a far collaborare i compagni di scuola in questo processo inclusivo?
Diverse ricerche ci dicono che a scuola i ragazzi riescono a collaborare, in un processo inclusivo supervisionato dal docente. Fuori da scuola invece, come nelle feste, nelle attività del tempo libero, nei semplici incontri tra compagni, i ragazzi non mostrano la stessa capacità inclusiva.
Nel nostro caso, questa partecipazione si è generata spontaneamente. Alcuni compagni sono stati invitati a partecipare, altri hanno partecipato volontariamente piu volte ed entusiasti. Erano gli stessi compagni a chiedere di giocare.
Naturalmente bisogna fare una considerazione che ha influito sull’approccio inclusivo, molti dei compagni di classe di N., erano con lui sin dalla scuola primaria. Si è pertanto instaurato un rapporto di affetto e amicizia, quindi non era necessario dover guidare o imporre loro la partecipazione.
Probabilmente, ripensandoci uno dei momenti piu emozionanti è stato a fine maggio, quando alcuni compagni di scuola sono venuti a casa di Nicola e abbiamo riproposto il gioco in presenza tutti insieme, finalmente vicini.